«O MACARONEAM MUSÆQUÆ FUNDITIS ARTEM»

Cinquecento

Testi e Studi di letteratura italiana

Studi 62 – (n.s. 26)

Cinquecento plurale

Gruppo di ricerca interuniversitario  Richardson

Cinquecento – Testi e Studi di Letteratura italiana       

Comitato scientifico

Lina Bolzoni

Iain Fenlon

Giorgio Inglese

Mario Pozzi

Paolo Procaccioli (coord.)

Brian Richardson

«O MACARONEAM MUSÆ
QUÆ FUNDITIS ARTEM»

STUDI SU TEOFILO FOLENGO

A CINQUECENTO ANNI DALLE PRIME MACARONEE

Acura di

FEDERICO BARICCI VECCHIARELLI

VECCHIARELLI EDITORE

Volume pubblicato con il contributo del Ministero dell’Università

e della Ricerca e della Scuola Normale Superiore

  © Vecchiarelli Editore – 2021

Piazza dell’Olmo, 27

00066 Manziana (Roma)

Tel. 06.99674591

vecchiarellieditore@inwind.it

www.vecchiarellieditore.it

 ISBN 978-88-8247-448-5

INDICE

Giustificazione, Luca D’Onghia

Introduzione, Federico Baricci

 Vincenzo Allegrini, «Spudare balottam». Folengo e le armi da fuoco. Varianti tra storia, iperbole e paradosso

Federico Baricci, Tra lessicografia e variantistica.  Schede da un glossario dialettale diacronico del Baldus

Mario Chiesa, Il martirio di Leonardo

Giuseppe Crimi, Note sul Baldus e sulla tradizione comica toscana

Luca Curti, Il Baldus e il suo autore

Luca D’Onghia, Villani ebbri e civette cornute. Per Zanitonella T 1095-1097 – V 949-951

Antonio Daniele, Ritorno al Chaos del Triperuno

 José Miguel Domínguez Leal, L’influenza folenghiana nella poesia macaronica spagnola

Roberto Galbiati, Lettura del Baldus dell’edizione Paganini (1517)

Lucia Lazzerini, Nuovi giochi di pazienza: Merlin Cocai e gli anagrammi terribili del Baldus (con qualche riflessione sull’estensione della categoria «macaronico» e sulla «funzione Gadda»)

Ann Mullaney, I limiti della tolleranza: i fratelli Folengo

 Carole Primot, «Hic est de patria»: une lecture folenghienne du chapitre XIII du Quart livre (1552)

 Giordano Rodda, Orionis nascimentum. Folengo tra allegorie cristologiche e satira del cosmo pagano

Massimo Zaggia, I primi quattro libri del Baldus nella redazione Toscolanense

TAVOLA ROTONDA

Federico Baricci, Per una concordanza e una banca dati interrogabile dei testi macaronici prefolenghiani

 Mario Chiesa, Sguardo dall’interno su un quarantennio di studi

 José Miguel Domínguez Leal, Il Folengo in Spagna:storia di una passione personale

 Otello Fabris, 1977-2017: quarant’anni di sogni folenghiani

Massimo Zaggia, Ipotesi per un’edizione degli opera omnia macaronica di Teofilo Folengo

 Roberto Stringa, L’edizione Paganini delle Macaronee e le sue ristampe. Inserto fotografico-bibliografico

 Indice dei nomi

TAVOLA ROTONDA

OTELLO FABRIS, 1977-2017: quarant’anni di sogni folenghiani      

Giorgio Bernardi Perini, il giorno della sua laurea, aveva avuto in dono dalla mamma una tela verde serigrafata con il celebre frontespizio del Macaronicorum Opus, con Zanina e Togna che imboccano Merlin Cocai. Se il verde è   un segno di speranza, il dono fu quanto mai augurale. Giorgio aveva evidentemente tracciato la sua strada, orientata in un territorio in cui la letteratura classica aveva un suo inseparabile ed affascinantissimo lato B, la letteratura   macaronica. Un “rovescio della medaglia” che non fu certo agevole ostendere al mondo accademico d’allora. Tuttavia nel suo percorso di docente Bernardi Perini non mancò di inoculare negli allievi l’interesse per il macaronico e per il suo massimo esponente, Teofilo Folengo. Ne portò alcuni, come relatore, alla laurea. Gli esordi della pubblicazione dei suoi studi si basarono sui testi che più l’appassionarono, la Zanitonella folenghiana, che venne edita con una doppia tiratura da Einaudi nel 1961.  

 I contatti con un circuito di colleghi che coltivavano questa comune passione per Folengo portarono alla formazione di una sorte di rediviva macaronica   secta, che non esitò a riunirsi in convegno, uscendo trionfalmente allo scoperto nel 1977, un anno splendido per l’auspicata “Folengo Rénaissance”. In effetti furono reclutate per l’occasione, fra i molti nomi, alcune personalità che continuarono negli anni successivi a dedicare le proprie attenzioni a Folengo: e fra queste, principalmente, Mario Chiesa, che curò con Ettore Bonora   per Feltrinelli la stesura degli Atti; e Rodolfo Signorini, Cesare Federico Goffis, Emilio Menegazzo, Giuseppe Billanovich, Carlo Cordié, Giuseppe Tonna, Emilio Faccioli, Cesare Segre, Giorgio Barberi Squarotti con molti altri; nomi che hanno tracciato segni memorabili negli studi folenghiani.  Il convegno era nato non in occasione di qualche particolare ricorrenza, ma per una presa di coscienza di un sindaco illuminato, l’on. Gianni Usvardi, e degli accademici virgiliani; assieme si trovarono concordi sulla necessità di riportare ad una ribalta giustamente illuminata il loro illustre quanto equivocato concittadino.

In quello stesso anno trovò posto in un giardinetto mantovano vicino alle pescherie di Giulio Romano un Merlino di bronzo di Albano Seguri ed ebbe vita una straordinaria esperienza artistica ad opera di Nani Tedeschi, con l’elaborazione in incisione e collage di una serie di grandi tavole policrome ispirate alle xilografie dell’edizione toscolanense del Macaronicorum Opus (1521) e di un Alfabeto di pre Jacopino. Nel medesimo anno, Carlo Cordié aveva   pubblicato con Ricciardi la sua famosa antologia folenghiana. Era un momento indubbiamente assai fortunato, patrocinato forse da una felicissima e irripetibile congiunzione astrale, che spinse Bernardi Perini, nel corso della sua relazione, a lanciare progetti.

Già il titolo preannunciava questo suo desiderio: Folengo edito e inedito. Situazione e prospettive. Il primo obiettivo che Bernardi Perini poneva ai convenuti era la realizzazione di un’edizione critica di tutta l’opera folenghiana. Non tanto per realizzare un monumento al municipalismo, ma per il fatto che Folengo «rappresenta un unicum linguistico e letterario la cui rilevanza critica, cresciuta col tempo, non fa che aumentare…».

 A distanza di quarant’anni molta strada è stata percorsa: dieci anni dopo, nel 1987, Massimo Zaggia ha fatto la sua parte per le Macaronee minori edite con Einaudi e sta lavorando ancora alle quattro redazioni del Baldus; Mario Chiesa con Antenore ha pubblicato l’edizione critica dell’Orlandino e con la Utet una nuova traduzione del Baldus della Vigaso Cocaio, su cui si sono realizzate più tardi (utilizzando il medesimo apparato critico) anche quella francese di Paul Larivaille e Gérard Genot ed anche quella americana di Ann E. Mullaney. Giuseppe Tonna aveva intanto realizzato una “volgarizzazione” dei primi dieci libri del Baldo padano, Faccioli della Moscheide. Due allieve di Chiesa, Simona Gatti e Patrizia De Corso, avevano a loro volta dato alle stampe, rispettivamente, l’edizione critica di La Humanità del Figliuol di Dio e Palermitana. Lo stimolo del convegno del 1977 stava dando i suoi buoni frutti, anche se in tempi assai dilatati. Alberto Cavarzere, dal canto suo, ha intrapreso l’onerosissma impresa di dedicarsi all’Hagiomachia, raccolta folenghiana che forse non potrà mai vedere un lavoro definitivo, anche per l’impegno economico che richiede, ostile a qualsiasi ambizione editoriale. Su quest’impresa espresse scetticismo lo stesso Bernardi Perini, che pur aveva mitigato le opinioni correnti sulla cattiva qualità di questa raccolta folenghiana.

Le iniziative editoriali di cui ho parlato hanno certamente soddisfatto in parte le proposte del futuro presidente fondatore degli Amici di Merlin Cocai, i quali si preoccuparono intanto di materializzare l’ultimo sogno espresso dal filologo nella sua relazione di allora, in

[…] un preciso appello, nella speranza che possa avere qualche eco e dare luogo a un impegno. L’occasione di questo congresso è forse unica, e forse irripetibile, per tentare almeno di porre le basi d’una iniziativa. Unica è anche la sede: altra non ne vedo meglio deputabile, ora e domani, per tale iniziativa.

 Egli chiamava esplicitamente in causa l’Accademia Virgiliana, che avrebbe dovuto farsi promotrice «dell’indispensabile restauro filologico di quest’altra diversa (da Virgilio) ma autentica gloria mantovana». E continuava  

 […] nessun’altra città può vantare un’uguale presenza di cimeli bibliografici: prezioso nucleo iniziale per una futura, specializzatissima e realizzabilissima biblioteca folenghiana, intorno alla quale far crescere un Centro di Studi Folenghiani, istituzionalmente votato a realizzare l’edizione critica delle opere di Teofilo Folengo […] con l’augurio che, sia detto ancora con Merlin Cocai e per tutti i folenghisti di buona volontà, briga sequens faciat nobis sudare camisam.  

La brigata folenghiana divenne un po’ meno sparpagliata quando, dopo il successivo grande convegno del 1991 (tre sessioni diverse, a Mantova, Brescia e Padova) per il 500° della nascita del poeta, ci si rese conto che a Bassano del Grappa, dove si trova il sepolcro del Folengo nel monastero della frazione di Campese, aveva preso avvio, nel precedente autunno, una rassegna gastronomica dedicata al poeta. Anche questa era nata per una strana congiunzione astrale: nessuno aveva pensato all’imminente ricorrenza.  

Ad uno di quei convivi si presentarono, una sera, tre accademici: Bernardi Perini, Signorini, e il presidente Claudio Gallico. Con loro Natale Isalberti, che chiese un approccio con la tavolata mantovana. Ipso facto, Bernardi Perini propose la creazione di una nuova Accademia Folenghiana, che assunse il nome di Amici di Merlin Cocai. Piaceva, agli accademici virgiliani, la possibilità di un inserimento ludico e conviviale nel vecchio progetto espresso nel convegno del 1977. A mettere, in fondo, seria mixta ioco; come aveva scritto il serioso Giambattista, fratello di Teofilo, nell’eremo di Crapolla.

Nel Natale dello stesso anno, con una cena a casa Isalberti, l’Associazione degli Amici di Merlin Cocai veniva definitivamente progettata, e regolamentata nel successivo 1992. All’esordio, 1993, presentò in omaggio ai suoi aderenti la ristampa anastatica della rarissima Cipadense (nove esemplari noti), sottolineando al mondo degli studiosi la necessità di studiarla e annunciando il programma editoriale del sodalizio, che si proponeva di ripubblicare tutte le princeps delle cinquecentine folenghiane.24 L’anno successivo l’Associazione era pronta a organizzare, per i 450 anni della morte del Folengo, un nuovo convegno di studi che si tenne a Bassano del Grappa e a Campese. Presso il sepolcro del poeta mons. Giulio Cattin, segretario del vescovo di Vicenza Pietro Nonis, lesse a nome del prelato una memorabile prolusione che rivalutava Folengo agli occhi di una Chiesa che ancora lo vedeva con sospetto e lo evitava, invitando a interpretare la sua opera e il suo impegno artistico solo esaminandone il quadro complessivo. L’anno successivo esordiscono, presentati da Bernardi Perini come “portavoce ufficiale dell’Associazione”, i Quaderni Folenghiani, curati dagli Amici di Merlin Cocai fino al n° 8 ed ora da altre realtà esterne.

Terminata con i tre giorni siciliani del 1997 la stagione dei sontuosi convegni, se ne ebbe un’appendice con quello in memoria del poeta e folenghista Bino Rebellato, iniziativa premiata con medaglia d’argento dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

 L’Associazione, preso atto che i tempi andavano rapidamente cambiando e che una nuova situazione economico sociale non rendeva più disponibili le risorse per i grandi incontri, decise di sostituire ai convegni una serie di incontri annuali, allo scopo di mantenere comunque accesa la fiaccola folenghiana. Nacque così la formula delle “Feste Cipadensi”, riunioni di studio ambientate nelle città che avevano un loro ruolo nella biografia folenghiana (le Località folenghiane d’Italia). A parteciparvi erano chiamati sia gli studiosi, sia gli associati, sia i simpatizzanti, ognuno a proprie spese. Alle relazioni venivano affiancati eventi di teatro, musica, turismo, in modo da far rivivere le atmosfere rinascimentali e ambientali nei luoghi in cui Teofilo era vissuto. Qui, solitamente e possibilmente, sono state poste targhe commemorative della sua presenza.

 L’esordio fu nel 2002, in occasione del Millenario del Polirone e la manifestazione venne inclusa nelle celebrazioni ufficiali. Altri incontri suggestivi si tennero nel Museo delle cartiere di Toscolano, a Santa Maria del Giogo a Sulzano, a Brescia (S. Eufemia), al monastero di San Giorgio di Venezia presso la Fondazione Cini, alla Biblioteca Malatestiana, ai monasteri della Madonna della Neve a Cesena e a Torrechiara, a San Giovanni Evangelista in Parma.

 Scopo di queste Feste Cipadensi era di coinvolgere le istituzioni culturali locali nella presa di coscienza che Folengo rimaneva specialmente in quei luoghi una risorsa culturale da coltivare e a tale scopo venivano donati, con le targhe, anche gli Scaffali Folenghiani, ossia tutta la raccolta di volumi (fuori commercio o prelevati presso gli editori) disponibili presso il nostro Centro di Documentazione. A questi incontri, oltre a Bernardi Perini, parteciparono Antonio Daniele, Massimo Scalabrini, Marco Faini, don Francesco Trolese, Massimo Zaggia, Fernando Bandini, Alberto Cavarzere e altri ancora. L’Associazione fece, nell’ambito degli incontri, ciò che un magrissimo tesoretto sociale e la buona volontà dei partecipanti consentiva di poter fare. Inevitabilmente, lo smalto di queste iniziative andò nel tempo scemando.

Un importante evento era nel frattempo avvenuto a Campese. Nelle fasi che precedettero il Convegno Nazionale di Studi Folenghiani del 1994, il parroco che officiava nella chiesa che ospita la sepoltura del poeta e che risiedeva nell’annesso ex Monastero della Santa Croce, esortò vivacemente la nostra Associazione a farsi carico dell’allestimento della propria sede in tre locali che egli metteva a disposizione, con illuminata lungimiranza. Don Gino Ziliotto, burbera figura di parroco d’altri tempi, fumatore di sigari “campesani”, ma dotato di ottima cultura e intuizione, divenne meritatamente il primo Socio Onorario degli Amici di Merlin Cocai. Qui si avverarono gli altri sogni espressi da Bernardi Perini nel ’77: il Centro di Documentazione Folenghiana nacque non a Mantova, ma in questo luogo. Iniziò immediatamente la raccolta di tutto ciò che riguardava Folengo: opere, studi, ritratti, persino bottiglie a lui dedicate. Nacque qui anche la Biblioteca Teofilo Folengo, l’unica al mondo specializzata nella letteratura macaronica, con una raccolta di articoli, studi ed estratti che presto si arricchì con l’acquisizione dell’Emeroteca di Carlo Cordié. Qui si è prestata assistenza a numerosi studenti, ricercatori e studiosi le cui attenzioni erano rivolte al Folengo. Si sono moltiplicate le tesi di laurea che hanno trovato linfa per lo sviluppo degli studi folenghiani nelle documentazioni raccolte. Sorprendente quella di uno studente nipponico laureato all’Imperial University of Tokyo, che venne personalmente a recapitarla nelle nostre mani.

 I molteplici apporti di studiosi di tutto il mondo, che negli anni hanno cercato un approccio con noi, ha spinto l’assemblea dei soci ad apporre alla ragione sociale la definizione di “Associazione Internazionale per gli Studi Folenghiani”, più consona alla nuova realtà delle nostre attività, che mirano quindi a un coinvolgimento senza frontiere degli studiosi del macaronico. La cura di queste attività è stata affidata al socio José Miguel Domínguez Leal di Cadice.

L’Associazione auspica inoltre che, dopo una lunghissima stagione di ricerca sui testi delle macaronee, venga rivolta particolare attenzione alle opere religiose del Folengo, che riservano sempre sorprendenti spunti per inquadrare compiutamente l’impegno artistico e religioso di un grandissimo monaco. Questo sarà l’orientamento dei nostri progetti di studio per i prossimi anni.

 Il futuro, quindi, è già tracciato, quantunque molte siano le incertezze. Un motivo in più per porsi obiettivi, e seguirne la via retta. È un po’ preoccupante che gli attuali incontri pisani evidenzino il fatto che i presenti abbiano un’età molto bassa o piuttosto alta. Sembra che l’interesse al Folengo sia sfuggito alla generazione intermedia. È quindi indispensabile un recupero nei rapporti fra gli studiosi. Certo, la mancanza dei tradizionali convegni ha influito in questo fenomeno. Influisce moltissimo anche il fatto che si sia consentita l’emarginazione dello studio del latino nelle istituzioni scolastiche italiane, sprangando così la porta allo studio delle basi del pensiero scientifico e poetico europeo. Ma, lavorando alla trasmissione dell’opera e  della figura di un grande benedettino, viene di stimolo il ricordo dell’opera del fondatore del suo amato Ordine. Quando la civiltà romana stava rovinando, Benedetto si pose l’impegno di recuperarne la cultura registrata sui libri. Mi sembra che noi stiamo facendo questo, e lo dobbiamo fare con il suo ottimismo e con il suo vigore.

24 Il programma si conclude nel 2018 con la ristampa di La Humanità del Figliuol di Dio

25 Un esempio da tener presente, non necessariamente da imitare, è quello dato nella Sinossi schematica delle corrispondenze con le successive redazioni,