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Tavolate Vicentine II
11 Novembre 2022 @ 19:30 - 22:00

A tavola con Merlin Cocai
Tra il mondo fantastico di Teofilo Folengo e il mondo reale di Antonio Pigafetta
con il patrocinio della Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina
PINO COSTALUNGA racconta: Un naufragio folenghiano che “fece perdere la bussola” a G. B. Ramusio
Ristorante al Pioppeto (Sacro Cuore di Romano d’Ezzelino)
Venerdi’ 11 novembre 2022 – ore 19.30
SAN MARTINO
II La prima volta di…
Polenta e Bacalà
La prima volta di: Baccalà con culì di pomodoro
(da Francesco Leonardi, 1790)
Jassara Brut Rosè Le Vie Angarano
La prima volta di: Vespaiolo Querinissima
Lofoten Fiskesuppe
(dalla tradizione attuale)
Rosso Caldaro
Stockfischgröstl
(dalla tradizione tirolese)
La prima volta di: “Polenta tosta”
(da Ovidio, 2-8 d.C.)
Ruchetta insalata
Moscato Dindarello Maculan
La prima volta di: Zaeti
(da Carlo Goldoni, 1749)
con zambaglione caldo alle mandorle
(da Martino de Rossi, 1465)
Caffè da Vincenzo Corrado, 1778
La serata ci dà una novità sulla storia della polenta, la cui creazione è antica forse quanto quella dell’invenzione della pentola, necessaria per cuocerla. La prima che la storiografia ricorda è la puls romana. Ma Gesù aveva un’età fra i due e i sette anni quando Ovidio nominava una “tosta polenta” nella Metamorfosi V. La indica proprio con questo nome, che si riteneva sarebbe stato usato solo quindici secoli più tardi dal Platina. Quando la polenta si maritò al bacalà? Il primo ricettario interessato alla questione, il Süddeutsche Küche di Katharina Prato diffuso nel Tirolo, è solo del 1892. Non è da credere; sono gli anni in cui già erano nati i nostri nonni “polentoni”.
I piatti che vengono presentati illustrano la discesa delle ricette di stoccafisso da 2000 km oltre il Circolo Polare Artico, dove sono nate, verso il sud mediterraneo: dalle verosimili ricette di tradizione vichinga a quella in cui per la prima volta in cui il bacalà si tinge in rosso. Succede (ovviamente) a Napoli, 1790.
Fu il monaco tedesco Johannes Bockenheym a far varcare la frontiera alpina alla più antica ricetta che conosciamo, datata una quindicina d’anni prima del viaggio di Pietro Querini.
Quanta emozione ha portato a Venezia quella sua sfortunata avventura, quando le tempeste oceaniche lo fecero naufragare in una sorta di “paradiso terrestre”, dove si seccavano i pesci senza usare il sale! In due luoghi a Palazzo Ducale se ne conserva memoria, onorata fino alla fine della Repubblica. Trascurati dai posteri questi monumenti, continua però ad essere universalmente apprezzato e ricercato il “suo” stockfiso, diventato il più gustoso monumento alla vicentinità.
Scopriamo che Antonio Pigafetta si imbarca nel 1519 sulla Victoria quando Magellano l’ha già provvista di merluzzo secco e di sardelle. Sarà anche poca roba: ma se el mare fusse tocio / e i monti de polenta, / ohi mama che tociade, / poenta e bacalà.
Otello Fabris
Bibliografia
1430 (?) – Johannes Bockenheym, Registrum Coquinae: “Sic prepara Stockbisch: recipe eum et mitte eum stare in acquis per noctem quod mollis fiat…”
1432 – Pietro Querini, Viaggio del magnifico messer Piero Quirino…: “Quando i voleno mangiare il bateno con el roverso de la manara e fali come nervo, componeno butiro e spezie per darli sapore…”.
1553 – Ippolito Salviani, Aquatilium animalium historiae, riporta da Galeno (129 d.C.): “mettilo prima in un tegame con acqua abbondante, quindi coprilo con olio che sia abbastanza, con poco aneto e porro; quindi appena i pesci saranno a mezza cottura, cospargi un po’ di sale, quel tanto che il sugo non sembri troppo salato. Questa preparazione è adatta anche agli ammalati”.
1790 – Francesco Leonardi, De’ pesci salati, e sfumati: “Passate in una cazzarola sopra il fuoco una cipolletta trita con un poco d’olio; quando sarà color d’oro, bagnate con un Culì di Pomidoro… nel momento di servire poneteci il Baccalà cotto, e diviso in scaglie…”